Puren, emigranti senza ricchezza
di Walter Bellisi

PUREN (Cile) - Abbiamo visto lo stemma del Lions spiccare in più punti della cittadina. Fra gli altri, due si trovano nell'ingresso del municipio e un terzo, di grandi dimensioni, è collocato su una grossa pietra, a mo di monumento, nel centro dell'ampio giardino che guarda la chiesa. Quello di Puren è un club attivo e con un buon numero di soci - mi riferiscono. Cosa non comune, nel sud del Cile, specialmente se si considera la particolare struttura economico-sociale della regione, l'Araucania, e in particolare della provincia del Malleco, della quale Purèn fa parte.
Purèn dista 600 chilometri della capitale Santiago. Si trova nel sud, nel bacino dell'Imperial, in piena terra Mapuche, gli indios a cui furono strappate gran parte di quegli aridi suoli. Conta 13.918 abitanti. La colonizzazione straniera di questo luogo iniziò nel 1886 con insediamenti di famiglie svizzere, francesi, belghe e tedesche. Diventò comune nel 1936. L'agricoltura è l'attività economica principale con quasi il 56 per cento degli occupati. Il 16 per cento sono piccoli produttori agricoli e il 30 per cento sono autonomi che si dedicano all'attività forestale in forma stagionale o permanente, ossia operai, giornalieri, mezzadri o affittuari. Il reddito del 93 per cento della popolazione è al di sotto della soglia considerata minima. La topografia deI terreno, in gran parte argilloso, è ondulata e frastagliata, assai suscettibile di erosioni. Il clima è temperato caldo, con piovosità distribuita durante tutto l'anno. Le estati sono tendenzialmente secche ed esistono difficoltà di reperimento idrico nell'agricoltura, pertanto si ricorre all'irrigazione.
Agli inizi del secolo, qui si stabilirono alcune famiglie originarie dell'Appennino modenese. Erano fuggite da Capitan Pastene, che dista una cinquantina di chilometri, con la speranza di farsi un futuro migliore. Iubini, Cantergiani, Giacomozzi, Lagazzi sono i cognomi di alcune di queste le cui radici si trovano nella fascia appenninica che da Pavullo si estende a Guiglia, Zocca e Montese. Nel 1904 e nel 1905, da questi luoghi partirono alla volta del Cile 88 famiglie, 500 fra uomini, donne e bambini. Laggiù c'erano 63 mila ettari di terreno da colonizzare. Ogni famiglia ne avrebbe avuti in assegnazione 50 ai quali ne andavano aggiunti 5 per ogni figlio o altro familiare. Ma dopo oltre un mese di viaggio, quando i coloni misero piede in quella terra abitata solo dagli indigeni, si resero conto di essere stati ingannati, proprio da un loro conterraneo, tale Giorgio Ricci di Verica di Pavullo, che li aveva ingaggiati. Trovarono soltanto boschi e terra di color rosso mattone che si rivelò tremendamente avara. Furono lasciati su un'altura che chiameranno "Monte calvario" per ricordare alle future generazioni i patimenti subiti. Costruirono un paese con le case di legno a cui diedero il nome di Capitan Pastene. Come detto, alcuni se ne andarono, si stabilirono in paese vicini, a Puren, ad Angol, a Traiguen, a Concepcion, a Los Sauces, ma anche a Santiago. I pionieri si chiusero in loro stesi e per decenni non ebbero contatti con l'Italia. I rapporti ripresero una decina di anni fa quando alla Consulta Regionale per l'emigrazione dell'Emilia Romagna, da oltre oceano, arrivò il messaggio "Capitan Pastene chiama Modena". Poi, i comuni di Pavullo e Zocca si sono gemellati con Capitan Pastene. Guiglia ha fatto altrettanto lo scorso aprile con Puren. Il viaggio nella ricerca del riscatto delle radici da parte dei nostri emigranti è iniziato. A Capitan Pastene la stragrande maggioranza dei 2.026 abitanti (circa 1600 sono di origine emiliana), vive ancora in condizioni di povertà. Ma qualcosa ora pare si stia muovendo in senso positivo.

(Notiziario Lions Club Distretto 118 TB, luglio 1999)

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